IN QUESTO SITO TROVERETE NOTIZIE RIGUARDANTI LA NEURALTERAPIA SEC. HUNEKE IN ITALIA


La neuralterapia in Italia

La neuralterapia ha avuto in Italia scarsa e sporadica diffusione, soprattutto per la mancanza di testi tradotti dal tedesco o in inglese, rimanendo confinata, fino agli anni '70, nelle zone di lingua tedesca come alcune zone dell'Alto Adige, soprattutto Merano e dintorni e la val Pusteria.Nei primi anni '80 Paolo Cataldi, torinese emigrato per qualche anno in Germania dove si era laureato in Medicina, importò la metodica in Italia pubblicando un libretto di natura semidivulgativa, e organizzando a Torino alcuni corsi per medici.

Tra questi Paolo Barbagli, che fu il primo a pubblicare lavori scientifici sulla Neuralterapia e ad approfondirne alcuni aspetti peculiari, come p. es. l'importanza terapeutica dell'infiltrazione con anestetici locali delle cicatrici. Insegnando anche i primi rudimenti tecnici e teoretici nell'ambito dell'attività didattica dell'A.I.R.A.S. (Associazione Italiana per la Ricerca e l'Aggiornamento Scientifico), corsi organizzati a Padova dal prof. Francesco Ceccherelli, Terapista del Dolore dell'Università di Padova, eminente studioso di agopuntura e di tecniche riflessologiche. Altro importante studioso, soprattutto sulle cicatrici, è stato fin dagli anni '80 Marco Romoli a Prato, considerato uno dei massimi esperti mondiali di auricoloterapia.

Infine, sul finire degli anni '90 un gruppo di medici, quali Piergiovanni Pavesi, Michele Acanfora e Ettore Giugiaro organizzarono dei seguiti corsi per medici in tutta Italia, nonché conferenze tenute dal tedesco di origini iraniane Shirmohammadi, e fondato una società scientifica denominata Associazione Italiana di Neuralterapia in Medicina Funzionale (A.I.N.M.F.), che ha permesso una più diffusa presenza di medici praticanti almeno le tecniche di base della neuralterapia, attualmente all'incirca un centinaio.

Nel frattempo un gruppo di Roma, soprattutto con il neurologo Claudio dell'Anna, pubblicava alcuni testi soprattutto teorici sui meccanismo d'azione neuronali della neuralterapia, e fondava un'altra Società, denominata A.I.R.T.E.N.N. (Associazione Italiana per la Ricerca sulle Terapie Neurali).

Da citare anche i neuralterapeuti di lingua tedesca del Sudtirol/Alto Adige, eredi dei primi pionieri del dopoguerra, in particolare Michael Kofler a Monguelfo (BZ) e Elmar Ausserer a Tesimo e Bolzano.

Nel 2017 nasce "Neuralia", ad opera di Giorgio Romani, Franco Donati e Massimo Testi, che organizza Corsi e Congressi Nazionali molto partecipati, e che nel 2018 entra nell'IFMANT (International Federation of Medical Associations of Neural Therapy).


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Bibliografia su Zotero (più di 2000 voci bibliografiche) a cura di Michele Acanfora e Paolo Barbagli

www.zotero.org/groups/2407404/neural_therapy/library


COSA E' LA NEURALTERAPIA

La neuralterapia incomincia in maniera casuale nel 1925, quando i fra­telli Ferdinand e Walter Huneke, ambedue medici, videro scomparire improvvisamente l'emicrania della loro sorella, che aveva in precedenza tentato senza successo molte terapie.

Su consiglio di un anziano collega,Ferdinand iniettò per via endovenosa alla sorella un analgesico, e l'attacco emicranico sparì immediatamente; una seconda volta invece lo stesso analgesico non sortì alcun effetto, ed il fratello Walter,esaminando le due diverse composizioni del farmaco, si accorse che la prima volta era stata somministrata erroneamente la formulazione per via intramuscolare, che aveva aggiunto all' analgesico una piccola quantità di un anestetico locale, la procaina.

Fu allora che i due fratelli ipotizzarono che l'azione terapeutica era dovuta non al­l' analgesico ma all' anestetico locale.

Iniziando a curare con successo nel loro ambulatorio vertigini, insonnie ed epilessie, oltre a cefalee, si accorsero che ottenevano dei buoni risul­tati anche con semplici iniezioni intramuscolari e, in una paziente con cefalea e pessime vene, anche iniettando vicino alla vena.

La rapidità dell' efficacia escludeva un riassorbimento dell' anestetico per via ematica, e i due fratelli incominciarono a pensare ad un'azione at­traverso il sistema nervoso neurovegetativo. Nel 1928 furono pubblicati i primi risultati con il titolo: "Misteriose reazioni a distanza dell' aneste­sia locale", al quale seguirono poi numerose altre pubblicazioni.

Venne poi aggiunta alla procaina della caffeina per controbilanciare i possibili effetti vagali dell' anestetico locale e nacque così l' "Impletol", tuttora prodotto dalla Bayer con questo nome commerciale.

Fino al 1940 i fratelli Huneke praticarono quella che oggi chiamiamo "terapia segmentale", ovvero l'iniezione, nelle algie più disparate ed in altri stati morbosi, dell' anestetico locale procaina nella zona sede del processo morboso all' inizio, ed in seguito anche nel segmento afferente. In questo modo univano all' effetto terapeutico dell' anestetico nella sede della malattia anche un'azione riflessa a distanza mediata dai nervi affe­renti quella zona.

I risultati erano buoni, nelle sindromi dolorose come reumatismi, sciati­che, lombalgie, e nelle malattie più disparate, come eczemi, angina pectoris, asma, malattie dello stomaco, della colecisti, dell' orecchio e dell' intestino.

Nel 1940, per la terza volta, F. Huneke dovette di nuovo mettere in dubbio tutte le sue opinioni sull' origine di molte malattie, quando si ri­volse a lui una signora sofferente di una periartrite scapolo-omerale destra, refrattaria ad ogni tentativo di cura. In ossequio alla teoria fo­cale allora in voga, le erano stati tolti quasi tutti i denti e le tonsille, e si minacciava di amputarle la gamba sinistra, poichè da bambina aveva sofferto di un'osteomielite. Huneke le praticò la terapia segmentale che funzionava quasi sempre in casi del genere, cioè un'endovena dalla parte interessata, dei ponfi sull' articolazione, iniezioni intra e periartico­lari, ed infine infiltrazioni del ganglio stellato, questa volta però senza successo.

Fortunatamente ella tornò dopo qualche settimana perchè la zona cir­costante la vecchia cicatrice dell'osteomielite si era infiammata tanto da darle molto disturbo. Huneke fece dei ponfi nella zona infiammata, e vide per la prima volta il cosiddetto "fenomeno del secondo", chiamato in seguito fenomeno di Huneke: improvvisamente,nel giro appunto di pochi secondi, erano scomparsi i dolori della spalla malata.

Sulla base di questo fenomeno, che poi fu osservato molte altre volte, Huneke elaborò la sua teoria di un "campo perturbante" capace di pro­vocare una malattia nei punti più lontani del corpo.

Il "campo perturbante" agirebbe non tanto tramite batteri o tossine, se­condo la vecchia teoria focale, ma attraverso il sistema nervoso. Nes­sun altro sistema infatti potrebbe spiegare una risoluzione tanto fulmi­nea.

In breve, la teoria di Huneke sul campo perturbante può essere così riassunta:

1) ogni malattia cronica può essere causata da un campo perturbante;

2) ogni parte del corpo può diventare un campo perturbante;

3) l'iniezione di un anestetico locale nel campo perturbante guarisce le malattie da questo provocate, nei limiti in cui ciò sia anatomicamente possibile, tramite il "fenomeno del secondo".

Come già accennato, i fratelli Huneke chiamarono la loro terapia "neuralterapia", volendo significare con questa definizione che si trat­tava di una terapia che agiva attraverso il sistema nervoso.

Naturalmente, molte altre terapie, alcune già conosciute allora, come tutte le cure termali o fisiche (marconiterapia, radarterapia ecc.), altre invece ancora sconosciute, quali l'agopuntura, agiscono attraverso il sistema nervoso, e pertanto potrebbero essere denominate neuraltera­pie, ma ormai quando si parla di neuralterapia si intende quella secondo Huneke, e a questa definizione mi atterrò per comodità anch'io.

I fratelli Huneke del resto non sono stati i primi ad usare gli anestetici locali come terapia, nè ad usare a scopo terapeutico l'infissione di aghi in determinati punti corporei (l'agopuntura, benchè poco nota in Ger­mania agli inizi del secolo, è nata in Cina 5000 anni fa), ma furono i primi ad usare insieme i due metodi, a diffonderne l'uso, e a costruire una teoria che tuttora conserva una sua vitalità.

In quanto all' uso degli anestetici locali come terapia, il primo di cui si abbia notizia ad usarli fu il chirurgo tedesco C. L. Schleich nel 1892, che impiegava la cocaina allo 0.1 - 0.2 %, allora considerata solo un anestetico locale, nelle lombalgie, nelle periartriti scapolo-omerali e nelle nevralgie intercostali. Schleich riferì entusiasta i suoi ottimi risul­tati ad un Congresso chirurgico, ma il suo metodo era troppo innova­tivo e ricevette una fredda accoglienza.

Nel 1905 fu sintetizzata la procaina, che per molti anni rappresentò l'unico anestetico locale usato, ed è tuttora molto usato nei paesi di lin­gua tedesca. L'anno successivo G. Spiess riferì che diversi stati in­fiammatori e le ferite guariscono più rapidamente e con meno compli­canze se in precedenza la zona viene anestetizzata; questi risultati furono confermati lo stesso anno dal russo A. W. Wischnewski, ma caddero nel dimenticatoio in Occidente, giacchè si riteneva che l'in­fiammazione fosse un fenomeno esclusivamente chimico e non si con­cepiva che una sostanza ad azione esclusivamente sulle fibre nervose, quale un anestetico locale, potesse avere un'efficacia antiinfiammatoria.

I recentissimi studi sull' infiammazione neurogena (Ceccherelli) e sugli effetti dell' agopuntura e di altre riflessoterapie su forme sperimentali di infiammazione neurogena (Ceccherelli, Gagliardi) e in alcune ¨malattie infiammatorie (Baldry, Low, Man Sheung) sembrano, a distanza di quasi un secolo, dare ragione a questa intuizione; basata sull' osserva­zione empirica e non su teorie astratte, così come del resto tutta la neuralterapia secondo Huneke, nata da un errore tera­peutico di due medici pratici, non da scienziati chiusi nei loro labora­tori.

L'ultimo dei grandi anticipatori degli Huneke può essere infine conside­rato il celebre chirurgo francese Renè Leriche, che nel 1925 constatò l'efficacia terapeutica di blocchi ripetuti con procaina del ganglio stel­lato nel morbo di Raynaud, e sostituì con questo metodo la asporta­zione chirurgica del ganglio stesso, allora in gran voga.

Il blocco del ganglio stellato sec. Leriche è tuttora usato (Löfström, Moore) e citato come terapia "ufficiale" nel morbo di Raynaud, sempre più numerosi diventano i possibili usi terapeutici degli anestetici locali (Backonja), mentre la molto più vasta e completa neuralterapia è ignorata in tutti i testi ufficiali e relegata fra le tante medicine "alternative".

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